Il ruolo della famiglia nel gioco d’azzardo patologico

ll disturbo da gioco d’azzardo patologico (Gambling Disorder), come viene ora denominato nel nuovo Manuale DSM-5, è stato riconosciuto come un disturbo di dipendenza e come tale trattabile con programmi terapeutici propri programmi per l’addiction.

Anche in Italia, questo riconoscimento è arrivato con l’inserimento della cura di questo disturbo all’interno dei SERT (Servizi per le dipendenze patologiche delle ASL)  che hanno istituito specifiche equipe che si occupano di diagnosi e cura del gioco d’azzardo patologico.

Un problema, quello della dipendenza da gioco d’azzardo, sempre più attuale e in crescita, complici la crisi economica e la facilità con cui si può iniziare: in rete l’offerta non manca, dai casinò virtuali a siti e forum di discussione dedicati agli scommettitori.

Un disturbo che solo nella nostra regione ha interessato 1.382 persone (secondo i dati della Regione Emilia Romagna relativi al 2016), con una attività assistenziale quasi triplicata rispetto al 2010.

E questo dato non tiene senz’altro conto di tutti coloro che soffrono di questo disturbo e chiedono aiuto agli psicologi, psicoterapeuti che lavorano in libera professione.

Spesso ad essere coinvolti nella prima richiesta di aiuto sono gli stessi familiari che loro malgrado subiscono gli effetti devastanti della dipendenza da gioco; sono infatti anche i familiari vittime, assieme a coloro che soffrono di disturbo da gioco d’azzardo.

Sappiamo infatti, che il giocatore perde gradualmente la capacità di autolimitare il proprio comportamento di gioco, che finisce per assorbire, direttamente o indirettamente, sempre più tempo quotidiano, creando problemi secondari gravi che coinvolgono diverse aree della vita (relazionale, sociale e lavorativa).

Le persone dipendenti, inoltre, possono avere un’alterazione psico-fisica finendo con il diventare aggressivi nei confronti dei familiari.

Soffrire di gioco d’azzardo patologico non riguarda, dunque, solo la persona dipendente ma tutto il suo sistema familiare e relazionale.

Ma cosa può fare la famiglia per aiutare il paziente?

I genitori, familiari ed amici di persone dipendenti dal gioco possono essere molto utili per favorire il cambiamento, partecipando al processo di cura.

Si tratta nelle prime fasi, di aiutare il familiare a individuare precocemente i segnali della dipendenza e di cercare di comprendere la gravità della situazione. A volte non è facile per i familiari rendersene conto, a causa delle continue menzogne, che vengono adoperate per coprire le perdite economiche.

È bene quindi ristabilire la fiducia con il giocatore, alleandosi con la parte sana del paziente che desidera guarire, permettendo così di eliminare la comunicazione patologica che prima prevaleva.

È il clinico che deve essere molto capace di coinvolgere i familiari nel percorso terapeutico, perché solo così inizierà la fase di ricostruzione e di rinascita del paziente che metterà in moto miglioramenti nella vita familiare e nella capacità di pianificare nuovi obiettivi e nell’autostima (Custer, 1982).